







Un canto leggero di lamiera e ingegno, l’Aermacchi Cigno emerge dai fumi del dopoguerra come una promessa di rinascita.
Non un’ardita creatura alata del cielo, ma un destriero umile e sincero dell’asfalto, che reca nel nome l’eleganza di un’azienda nata tra le nuvole. Le sue ruote alte , come trampoli snelli, affrontano con dignità le strade imperfette d’Italia, mentre il telaio in lamiera disegna una curva gentile, quasi un’ala ripiegata in riposo.
Il cuore, un piccolo motore pulsante da 125 cc , sussurra la sua marcia, un ritmo costante e rassicurante che scandisce la riconquista della mobilità. È un simbolo di un’epoca in cui la semplicità era genialità, un veicolo che non ruggisce, ma si muove con la grazia silenziosa che ha ispirato il suo nome, solcando le vie con la leggerezza di chi sa che la meta è tanto importante quanto il viaggio. Un’icona di un’Italia che, con sobrietà e tenacia , rialzava la testa.